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Il metodo Finet e Williame: un approccio rivoluzionario in osteopatia!

Il metodo Finet e Williame: un approccio rivoluzionario in osteopatia!

Il metodo Finet e Williame è un approccio globale creato sulla base di studi clinici eseguiti direttamente dagli autori, utilizzando RX ed ecografie, e su una meta analisi realizzata su oltre 900 ricerche scientifiche, che hanno permesso di sviluppare una metodologia che si distacca dall’approccio osteopatico tradizionale ed offre risultati interessanti sui pazienti.

Qual è la differenza rispetto ad un approccio tradizionale e su quali pazienti è indicato questo trattamento?

Innanzitutto vale dire che il metodo Finet e Williame non si applica solo alle disfunzioni viscerali, al contrario, è estremamente efficace nel trattamento dei pazienti con problemi meccanici sia della colonna vertebrale che degli arti, con disfunzioni dell’apparato urogenitale, nei pazienti con problemi della sfera carnica, come cefalee, acufeni, vertigini e addirittura nel trattamento dei pazienti con patologie neuro degenerative, come l’Alzheimer e la sclerosi multipla (una ricerca scientifica è stata condotta su quest’ultimo aspetto ed esiste un protocollo clinico in fase di sviluppo) quindi una metodologia globale.

C’è da dire inoltre che per imparare questo metodo non occorre un grande investimento né in tempo, né in denaro e i risultati che offre con i pazienti sono così eccellenti che qualunque professionista sarebbe disposto ad investire qualunque cosa pur di ottenerli, considerando che circa l’80% dei pazienti trattati con questo metodo, una sola volta, NON HANNO BISOGNO DI UN SECONDO TRATTAMENTO, per risolvere il sintomo che li affligge.

Molto al di là di un metodo di trattamento osteopatico viscerale, il metodo delle Colonne di Pressione è un approccio olistico, che guida passo a passo l’osteopata nell’elaborazione della diagnosi e nella costruzione del trattamento, attraverso una serie di test che hanno come principale obbiettivo di definire in che modo le pressioni, intra addominale, intra toracica e intra cranica, sono in relazione con le diverse lesioni osteopatiche presenti nel corpo, definendo, ogni volta, qual è la lesione più importante da trattare, la priorità in ciascun momento della sessione.

Se a qualche osteopata è già capitato di fermarsi nel mezzo di un trattamento e chiedersi come o dove continuare, con il metodo Finet e Williame questo non succederà mai.

Quando all’inizio di un trattamento facciamo un quick-scan del paziente e ci rendiamo conto che ha diverse lesioni in varie zone del corpo, alcune meccaniche, altre viscerali, altre ancora del sistema cranico, come facciamo a decidere quale trattare per prima? Come stabiliamo la sequenza del trattamento?

Nell’approccio classico si cerca, di solito, la lesione “primaria”, ma con Finet e Williame il discorso cambia.

Christian Williame dice sempre che la lesione primaria è capitata nel giorno in cui la madre e il padre del paziente si sono conosciuti per la prima volta e che la disfunzione di cui ci dobbiamo preoccupare è quella del momento, del qui e dell’ora, quella che in questo momento sta perturbando di più il paziente e che non è necessariamente la stessa che avremmo trovato ieri o che troveremo domani, anche nello stesso paziente.

Una volta trattata “quella” lesione prioritaria, un’altra lesione si metterà in evidenza attraverso le pressioni del corpo e una volta individuata la tratteremo in sequenza, e così via.

Una dopo l’altra le disfunzioni da trattare si rivelano sotto le mani dell’osetopata che usa l’approccio delle colonne di pressione come un sistema GPS, che guida il trattamento passo a passo.

Quindi il metodo Finet e Williame è molto di più di un approccio osteopatico viscerale.

Certamente lo studio sul viscerale è stato il calcio di inizio di questa metodologia ed è una parte importante del trattamento, innanzitutto per la peculiarità delle tecniche.

Al contrario di qualunque altro trattamento viscerale, in cui i modelli di mobilità sono stati creati sulla base della palpazione e sullo studio dell’anatomia settoria, quindi su cadavere, FInet e Williame, nel loro studio, i movimenti viscerali li hanno osservati in vivo, con Rx ed ecografie, su un ampio gruppo di persone ed hanno sottoposto queste osservazioni ad analisi statistica, per creare un modello statistico della mobilità viscerale umana.

Quindi la differenza rispetto a qualunque altro approccio viscerale è la ricerca scientifica che sta alla base del metodo, ma non finisce qui.

Comprendendo che i movimenti viscerali dipendevano dalla pressione diaframmatica, Finet e Williame hanno studiato più di 900 articoli scientifici sul diaframma, sulle sue relazioni anatomiche e fisiologiche con gli altri muscoli del corpo, hanno studiato la sua funzione respiratoria e posturale e le relazioni con le pressioni interne del corpo. A partire da questa meta analisi hanno potuto elaborare un modello di funzionamento della meccanica respiratoria e posturale e delle pressioni interne del corpo che collega la struttura con i visceri e con il sistema cranico, secondo una logica semplice ed intuitiva.

Sulla base di questo modello, comprendere i meccanismi che governano la postura e la funzionalità del corpo, la relazione tra struttura e visceri e persino le loro disfunzioni, diventa un compito facile, la diagnosi e il trattamento osteopatico dunque sono messi alla portata di tutti.

Un’altra particolarità del metodo è lo studio delle relazioni statistiche tra disfunzioni della mobilità viscerale e sintomi addominali.

FInet e Williame hanno “sistematizzato” lo studio delle restrizioni della mobilità viscerale osservate nei pazienti che hanno partecipato alla ricerca, rendendosi conto che ogni sintomo addominale corrispondeva ad uno schema preciso di alterazione della mobilità di determinate zone viscerali. Quindi ogni sintomo ha il “suo” modello disfunzionale.

Studiando poi le relazioni fisiologiche che collegano queste restrizioni ai sintomi, studio che ha impiegato più di 30 anni per essere condotto e corroborato anche da pubblicazioni scientifiche effettuate in ambito medico, che hanno permesso di capire perché la restrizione di certe zone viscerali, anche a distanza dall’organo sintomatico, potessero scatenare dei problemi funzionali, Finet e WIlliame hanno potuto elaborare un modello di trattamento osteopatico EBM, dove non esiste spazio per l’anarchia.

SI tratta invece di un metodo organizzato e logico, dove ogni restrizione di mobilità ha una spiegazione funzionale e viene messa in relazione con il sintomo che vi è associato.

Solo per citare un esempio: nel caso delle gastralgie e della maggior parte dei sintomi gastrici, lo stomaco NON È la principale zona viscerale oggetto di restrizione della mobilità, mentre invece il duodeno è l’organo che si trova in restrizione, e per chi conosce la fisiologia digestiva, questo ha assolutamente senso sul piano anatomo-patologico.

La mobilità viscerale inoltre assume un’importanza diagnostica nel trattamento, una volta che il peritoneo è una struttura molto sensibile ai cambiamenti di pressione interna e alle tensioni fasciali, quindi i test di mobilità viscerale diventano un'altra “bussola” del trattamento osteopatico, capaci di “dirigere” l’osteopata verso la principale restrizione da trattare, sia essa meccanica, viscerale o cranica.

Il trattamento delle restrizioni della mobilità viscerale nel metodo delle colonne di pressione, è sempre effettuato in tecnica diretta, quindi verso la restrizione, attraverso delle tecniche di induzione fasciale in cui si riproducono con le mani, sulla parete addominale del paziente, “gli stessi” schemi di movimento che i visceri effettuano all’interno della cavità addominale.

Quindi la conoscenza di questi modelli di movimento diventa primordiale per la diagnosi e il trattamento.

Finet e Williame inoltre hanno studiato statisticamente la mobilità dei visceri della piccola pelvi, integrando il modello funzionale e disfunzionale di queste strutture, con l’approccio generale delle colonne di pressione, già che le forze che governano la meccanica di queste strutture, sono le stesse che agiscono nella cavità addominale e dipendono direttamente dalle pressioni del corpo. Dunque la diagnosi e il trattamento delle disfunzioni pelviche vengono integrate nell’approccio globale.

Per ultimo, FInet e Williame hanno studiato le relazioni tra le alterazioni delle pressioni del corpo con l’asimmetria delle oscillazioni posturali, arrivando alla conclusione che gli esseri umani sono “asimmetrici” per definizione, ma arrivando a capire che, questa asimmetria, che è del tutto naturale, quando oltrepassa certi limiti, innesca una spirale di eventi che danno origine a disfunzioni che si retro alimentano, portando il corpo via via fuori dall’equilibrio e alterando in modo cronico e patologico, le pressioni interne del corpo.

Dott. Massimo Lombardozzi D.O.