La sindrome dell’intestino irritabile (IBS) è un disturbo gastrointestinale cronico e ricorrente, di natura multifattoriale, che colpisce il colon.

La sindrome dell’intestino irritabile è caratterizzata da un insieme di disturbi funzionali intestinali a carico del colon come:

  • dolore addominale,
  • crampi,
  • cambiamenti nelle abitudini intestinali (ad esempio l’aumento della frequenza delle feci),
  • forma irregolare delle feci,
  • sforzo durante la defecazione,
  • urgenza di defecazione,
  • sensazione di defecazione incompleta,
  • passaggio di muco e gonfiore.

Tutti elementi, che incidono negativamente sulla qualità della vita della persona.

Circa il 10% della popolazione soffre di l’IBS durante la loro vita: circa 200 persone su 100.000 ricevono una diagnosi iniziale di IBS ogni anno. La diagnosi di IBS è diagnosticata tramite l’utilizzo dei Criteri di Roma (I-III), un sistema di classificazione riconosciuto a livello mondiale, utile ad oggettivare tale sindrome.

Terapie per combattere la Sindrome dell’Intestino Irritabile

Le terapie per combattere l’IBS, generalmente, coinvolgono rimedi che agiscono sul sistema nervoso motorio, sensoriale o gastrointestinale centrale; si associano anche delle riduzioni del lattosio, un integrazione di fibre, lassativi, antispastici, antibiotici, interventi psicologici o antidepressivi.

Si è osservato, da alcune Revisioni Sistematiche della lettura scientifica, che gli antispastici, gli interventi psicologici, e antidepressivi hanno mostrato benefici nella gestione dell’IBS. Sebbene, sia usato spesso per la gestione dell’IBS, l’aumento delle fibre, di lassativi e probiotici, hanno mostrato scarso valore terapeutico in studi randomizzati controllati. (RCTs),21 (TalleyNJ. Evaluation of drug treatment in irritable sindrome intestinale [la correzione pubblicata appare in Br J Clin Pharmacol. 2003;56(5):584]. Brit J Clin Pharmacol.2003;56(4):362-369.), cosi come Quartero et al ha suggerito che le prove per l’efficacia di queste terapie sono deboli.

L’importanza della Seratonina nella motilità intestinale

Da studi recenti, è emerso come i livelli di seratonina possono svolgere un ruolo molto importante nel regolare la motilità intestinale. A livello colico è prodotto il 90% della serotonina del nostro corpo, e l’alimentazione errata, stress e altri fattori possono indurre disturbi intestinali importanti che inficiano la sua produzione. 
Da alcune ricerche si osserva che le coliti croniche inducono una perdita di tessuto osseo. In presenza di colite aumenta il livello sistemico del neurotrasmettitore serotinina (5HT) prodotto dall’intestino. La serotonina intestinale si lega al 5-HT1B receptore sulle cellule pre-osteoblastiche, inibendo la crescita ossea. (Bordoni) 

La revisione della letteratura mette in evidenza come l’OMT può giovare ai pazienti con IBS.

Il trattamento osteopatico nella Sindrome dell’Intestino Irritabile

Il trattamento osteopatico è in grado di migliorare il quadro sintomatologico in presenza di IBS e quindi indirettamente anche una sua regolazione. L’osteopata, tramite l’uso di determinate tecniche (viscerali, miofasciali come sul diaframma, o tecniche articolari sulla colonna), è in grado di lavorare sulla pressione intra-addominale con l’obiettivo di ripristinare l’equilibrio tra i diversi sistemi (venoso, linfatico, enterico, autonomo) e far sì che la sintomatologia migliori notevolmente.

Dagli studi effettuati fino ad ora, è emerso che durante la maggior parte delle sedute di OMT, gli osteopati non utilizzano un protocollo ben prestabilito per l’IBS.

Vi è sempre una valutazione completa del corpo umano, alla cui base c’è sempre un ragionamento clinico osteopatico multifattoriale che prende in considerazione le varie disfunzioni somatiche trovate, la valutazione di quelle più gravi e l’uso di tecniche che siano più appropriate per un dato paziente.

Questo approccio rappresenta il migliore nell’intera clinica osteopatica, rispetto al trattamento dopo un protocollo di studio stabilito che applica una singola tecnica OMT o un insieme di tecniche.

Questo criterio, supporta anche il principio osteopatico secondo cui il corpo è interconnesso e che regioni distanti possono influenzare la funzione di altre regioni, a seconda delle loro connessioni biomeccaniche, neurologiche e circolatorie.

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